Qualche giorno fa il
tetto di una classe di una scuola pubblica cattolica qui vicino è crollato
completamente, per fortuna gli insegnanti avevano previsto la cosa e già da un
po’ di tempo avevano spostato le lezioni al pomeriggio in modo da utilizzare
un’altra classe, occupata al mattino da altri studenti. Ora il COE si sta
impegnando per cercare i fondi, un po’ qua e un po’ la qua nel distretto, per
la ricostruzione… se si può dare una mano lo si fa volentieri, ci spiega Katia!
Con Valerio siamo
andati a vedere il progetto sull’agricoltura del COE a pochi km da Tshimbulu,
l’idea era quella di produrre olio di palma, ci spiega la suora che abbiamo
recuperato per strada (non abbiamo ben capito perché non si trovasse nel campo
in orario di lavoro, ma questa è un’altra storia). Per ora le palme piantate
sono piccole e non produttive, bisogna aspettare ancora qualche anno… e
soprattutto un finanziamento, che sembra difficile da ottenere per la questione
della produzione di biocarburante. Per quanto riguarda il mais e altre
coltivazioni purtroppo il costo era superiore al guadagno e quindi per il
momento ci si è fermati. Una buona produzione è quella di un particolare rovo
che ha un duplice compito: allontanare le capre e fertilizzare il terreno!
Abbiamo fatto un
primo giretto nell’Hospital Saint Francois, ospedale progettato e gestito dal
COE in attesa che il personale locale sia ben formato e che quindi si possa
affidare a loro…ma questo accadrà tra qualche anno, bisogna ancora lavorarci un
po’! L’ospedale è grande, ha una sala operatoria, una sala tipo rianimazione,
reparti di medicina interna, pediatria e maternità, ambulatori per medicazioni
e piccola chirurgia, ecografie, radiografie e oftalmica, con tanto di ottico in
via di apertura (mancano soltanto delle lezioni di matematica, che è risultata
una materia un po’ ostica agli infermieri congolesi…), il personale è
completamente locale.
Sull’ospedale, o
meglio, sulla motivazione dei dipendenti dell’ospedale è nata l’altra sera una
lunga riflessione in casa durante la cena, con paragoni tra Congo e Camerun.
Infatti ospiti della “casa della comunità”, oltre a me e Stefano, ci sono anche
Sonia, una volontaria che lavora in Camerun e che è qui per avviare il
laboratorio di ottica e il suo compagno Charles, camerunese, che ci hanno
aiutato a fare un confronto tra le due popolazioni...la differenza emergente è
appunto la motivazione che pare essere assente nella maggior parte della
popolazione di Tshimbulu e dintorni. E’ vero che bisogna tenere conto che
questa è una zona molto povera del Congo, dove l’acquedotto e l’elettricità non sono ancora presenti (o
meglio lo erano ai tempi delle colonie belghe ma ora sono andati distrutti e
nessuno ha ancora pensato alla loro ricostruzione) ma la completa mancanza di conoscenza,
di voglia di lavorare o di imparare che sembra divagare qui è abbastanza
disarmante…. soprattutto quando lo noti in una suora che ha studiato 6 anni in
Italia prendendo due lauree di cui una alla Cattolica (!?!@*!!*)……………………
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