Il tempo vola e sono
già passati due mesi dal nostro arrivo a Tshimbulu, posso dire da un lato di
essermi già abituata a questa nuova vita africana…ma dall’altro che non
riuscirò mai ad abituarmi (lo spero) ad alcuni comportamenti e pensieri
africani!
In questi primi 60 giorni
di osservazione continuo a scoprirmi sorpresa per delle cose che per noi “occidentali”
sono scontante e automatiche ma che qui diventano delle cose impensabili o
richiedono uno sforzo enorme (mentale o fisico).
Come il gettare in
terra la spazzatura, e il fatto che li faccia ridere il nostro essere scandalizzati
e metterci in tasca la roba da buttare poi arrivati a casa. In effetti per la
strada non esistono cassonetti, e neanche nelle loro case trovi il cestino
della pattumiera. Se pulisci la casa e il “cortile” davanti a casa,
semplicemente ti preoccupi di spazzare in terra e gettare tutto in strada.
In ogni caso, anche
se butti la roba nel cestino, la situazione non migliora di molto, hai due
possibilità: o è materiale organico che puoi mettere nella “fossa biologica” (buco)
in giardino o è tutto il resto (carta, plastica, vetro, alluminio) che bruci.
E noi in occidente
diventiamo matti a fare la differenziata.
Ovviamente per l’ospedale
vale la stessa regola. Altro che rifiuti sanitari pericolosi.
Un bel progettino
sulla raccolta differenziata e sulle 4 R qui in Congo non ci starebbe proprio
male!
Altro comportamento
che mi rende perplessa è la facilità con cui i congolesi ti chiedono le cose,
esci di casa ed è un continuo “peche” (fon.pesce=dammi): soldi, biscotti, caramelle,
l’orologio (che non sanno leggere), zucchero, vestiti, biro, quaderni, fogli,
scarpe. Senza troppi giri di parole, diretti, bambini o adulti, qualsiasi cosa
tu stia facendo, anche a distanza di metri, persone sconosciute o gente che
vedi tutti i giorni a lavoro, ogni occasione è buona per chiedere. E’ molto
stancante e deludente… soprattutto quando pensi di aver instaurato un buon
rapporto con un collega, si lavora bene insieme, ci si vede tutti i giorni, si
ride e si scherza…e poi tac! Dammi questo, dammi quello, fammi arrivare quella
cosa dall’Italia, comprami, offrimi da bere…
Una cosa è certa: i
bambini sono uguali in tutto il mondo, fanno i capricci allo stesso modo, sanno
regalare sorrisi e dolcezza allo stesso modo, ti fanno la pipì addosso allo
stesso modo, hanno una voglia matta di giocare e di essere coccolati. L’unica
differenza è che qui i bimbi viziati non esistono. Possono piangere, essere
seduti in un lago di pipì o cacca, avere la febbre, essere affamati, essere
nudi o con vestiti stracciati, ma se la mamma in quel momento sta cucinando, è
andata a prendere l’acqua, sta dormendo… il bimbo aspetta. E di solito lo fa
buonino buonino in silenzio.
La nascita di un
bambino si trasforma in un occasione di festa: quando la neomamma e il piccolo vengono
dimessi dall’ospedale si fa un corteo con canti gioiosi e si fa festa fino a
sera. La morte di un bambino è sicuramente una cosa triste per la famiglia, ma
il ragionamento che fanno è “in fondo se Dio ha voluto così ci sarà stato un
motivo, probabilmente da adulto non sarebbe stato forte…è la selezione naturale”.
Non sarà mai colpa dei genitori che non l’hanno portato a visitare in ospedale quando
ha incominciato a stare male, ma sarà sempre una decisione divina.
Concentrarmi sull’osservazione
mi rende sicuramente critica e mi rendo conto di scrivere soprattutto le
critiche negative, questo mi spiace perché amo trovare il lato positivo delle
cose, ma questa Africa è diversa dall’Africa che ho conosciuto fin’ora. L’ultimo
posto nella graduatoria dell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (UNDP
2013) è percepibile ad occhio nudo e non è facile da accettare e capire per noi
mutoke (bianchi).
Tieni duro che tra un po' (si fa per dire) arrivo.
RispondiElimina