lunedì 29 settembre 2014

DI COSA HO BISOGNO???

Rimani molto, davvero molto deluso nel vedere le reazioni che hanno i tuoi concittadini alla proposta di aiuto verso alcuni rifugiati siriani, che scappano non per gioco, o per avventura, ma scappano perché qualcuno sta distruggendo le loro case, le loro vite, minacciandoli di cancellare quello che è stato il loro passato e impedendo loro di sognare un futuro migliore. E perché poi? Perché non regalare loro un briciolo di speranza? Una piccolo segnale che qualcuno al mondo riesce ancora ad amare gratuitamente? Perché ai nostri italiani manca un lavoro, mancano i soldi, manca la macchina nuova, mancano le vacanze al mare, manca tutto.

 Si, ma tutto cosa?

Ed è proprio in questi giorni che, seguendo Marianna e Stefano al centro nutrizionale, ho avuto la possibilità  di aprire gli occhi, di toccare con mano cosa significa “manca tutto”. E vi assicuro che subito non è facile. Qui vengono seguiti i bambini malnutriti, garantendo loro il giusto supporto di medicine accompagnato da un’alimentazione idonea, che possa permettergli di rimettersi in sesto, e tornare a vivere. Appena siamo arrivati i più attivi ci sono corsi incontro, speranzosi di esser presi in braccio, gli altri, chi più deboluccio, chi più piccolo, ci aspettavano seduti a terra o sotto la capanna. Alcuni di loro sono orfani di entrambi i genitori, o abbandonati dal padre, altri adottati dalla nonna o da qualche parente lontano, altri ancora hanno la propria famiglia, che però per mancanza di voglia o risorse non riescono a sfamarli. Ed una cosa è comune in loro: non hanno nulla. Fare dei paragoni è stupido, ma credo che a casa nostra, chi più e chi meno, ci siamo abituati al superfluo, al vivere con un certo agio e non siamo più in grado di ringraziare e di sentirci fortunati per quel che invece diamo per scontato, come un tetto sopra la testa, un genitore su cuoi contare, un piatto di pasta o semplicemente due occhi che vedono (vero Verò?).

Ultimamente, poi, ho letto con curiosità che davanti ai negozi di telefonia si formano interminabili code umane per riuscire ad accaparrarsi il nuovo iPhone.  Da un lato credo sia giusto che ognuno soddisfi quelli che son i propri desideri o i propri sfizi, ma dall’altro ho paura che pian piano questa società, i mass media, le mode, creino in noi dei bisogni che non ci appartengono, che facciano nascere in noi la necessità di avere l’auto, il telefono o gli abiti “alla moda”, così da essere accettati non per quello che siamo ma piuttosto per quello che abbiamo. Ho paura che una volta svuotati del nostro avere non siamo più nulla.

Per quanto mi riguarda ringrazio il buon vecchio Wesley, Vicky, Cristopher, Maò, Misenga, Tshibola e tutti gli altri bimbi del centro, come ringrazio i volontari che ci lavorano, mi aiutano a comprendere quello di cui veramente abbiamo bisogno, e quello che invece posso donare agli altri, e con ciò non intendo i soliti soldi, ma piuttosto attenzione, ascolto o un po’ del mio tempo. È senz’altro sia una bella sfida per tutti noi!

Una persona molto saggia qui a Tshimbulu mi ha detto che un articolo  è meglio concluderlo con una citazione, perché fa più effetto, colpisce di più, quindi seguo il suo consiglio e ve ne regalo una…

"Chi non è soddisfatto di ciò che ha, non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera"

                                                                                                                       Berthold Auerbach

domenica 28 settembre 2014

GUARDARMI INDIETRO PER ANDARE AVANTI

Stasera dopo tanto tempo ho deciso di scrivere. È tanto che non lo faccio da qui dal Congo e bon, ora sento il bisogno di rompere questo silenzio stampa. Forse per sfogarmi, forse per alleggerirmi il cuore condividendo con voi alcune situazioni vissute qua, forse per scacciare via questo senso di nostalgia, o forse per altri mille motivi.
Tante cose sono successe in questi 5 mesi trascorsi qui, così lontano da casa. Una lontananza non solo fisica ma soprattutto mentale, catapultato in un mondo così diverso, strano da rasentare l’incredibile e così pieno di controsensi. Qui tutte le nostre concezioni sono ribaltate, il normale si confonde con lo straordinario, la vita con la morte, la follia con la regola.

Maggio è stato il mese di orientamento,  dove uno cerca di capire da che parte è girato, dove si trova. Piano piano mi sono addentrato in questo mondo così strano. Grazie all’aiuto di Sonia ho imparato a fare gli occhiali e da quel momento in poi sono diventato “lunettiere” (francesismo pessimo) e ho iniziato a sfornare occhiali, di tutte  le dimensioni, forme e materiale. Un lavoro di calma e precisione che fin da subito mi è piaciuto e  tutt’ora porto avanti a chiamata. Nonostante che il prezzo di un paio di occhiali sia  molto basso (10.000 Fc pari a 9 euro), le ordinazioni sono molte poche e questo servizio offerto dall’ospedale deve ancora decollare del tutto.

Giugno è stato il mese dello svezzamento. Katia e Valerio sono tornati in Italia per le vacanze e io e Marianna siamo rimasti qui in balia degli eventi. Volenti ma soprattutto nolenti eravamo utilizzati come punto di riferimento per quasi tutto ciò che concerneva l’ospedale. Dopo solo 1 mese di “orientamento” è stato difficile per noi all’inizio districarci tra tutte le richieste e problematiche ospedaliere e non. Certo, la mia prima malaria non ha aiutato. Si è presentata come una piccola influenza con un leggero mal di gola e un indolenzimento generale. Fatto il test della goccia spessa sono risultato positivo e allora via con la terapia. Alla fine questa malaria si è dimostrata molto leggera, per fortuna.
Durante questo mese abbiamo anche iniziato ad organizzare con gli animatori del CASC le varie attività che avremo portato avanti durante il CASC VACANCES, una specie di campo estate / estate ragazzi. Tutto ciò sarebbe debuttato a luglio per proseguire fino a fine agosto. Fin da subito ci siamo trovati di fronte a due grandi problematiche: la scarsa partecipazione degli animatori e la loro quasi nulla preparazione in campo di animazione. Giuro che ci abbiamo provato io e Marianna a insegnare qualcosa in questa direzione, ma cono scarso risultato.

Luglio è stato il mese del CASC per me. Impegnato 3 ore al mattino e 3 ore nel pomeriggio, arrivavo alla sera sempre molto stanco. Qui i bambini hanno la capacità di spomparti sia fisicamente che mentalmente. Gli animatori su cui potevamo fare affidamento erano solo 3 e con un’affluenza media di 100 bimbi congolesi (ci tengo a sottolinearlo perché la loro vivacità è molto più alta di quella dei bambini italiani) è stato difficile gestire tutte le varie attività anche perché in qualità di mutoke (bianco in tshiluba) la mia capacità di farmi ascoltare era pari a zero. A parte ciò, in questo periodo abbiamo avuto due nuovi ingressi. Il primo si tratta di Graziella, veterana volontaria del COE, infermiera, con una esperienza molto lunga in ospedali africani. Principalmente la sua attività si è sempre svolta a Rungu (benedetto Rungu) ed è venuta qui per sopperire alla partenza di Valerio e famiglia. Sinceramente speravo che ci sollevasse di alcune responsabilità, ma così non è stato per via di tutto il tempo che ha dedicato in ospedale. Altro ingresso, molto importante per me è stato l’arrivo di Chiara. Prima di tutto volontaria e poi mia ragazza, venuta qui per aiutarci nella attività di animazione, sia al centro nutrizionale che al CASC. Marianna è d’accordo con me nel definire l’apporto di Chiara come vitale, sia fuori che dentro casa. Per me è stato molto importante il suo apporto sostenendomi nei momenti di difficoltà e per la prima volta da quando ero qui,  mi sono sentito bene come a casa. Assieme a Chiara sono arrivati anche moltissimi giochi per i bimbi del centro nutrizionale. Per tutti questi devo ringraziare tutte le colleghe di mia madre e alcuni negozianti di Caraglio ma soprattutto lei, la donna santa che nonostante tutti questi chilometri di distanza riesco comunque a fare impazzire: mia mamma. Voglio assicurare che useremo questi giochi al meglio per il bene dei bimbi del centro e non mi vergogno a nascondere che li ho già testati tutti personalmente.
 Da segnalare in questo periodo sono stati anche i vari guasti accorsi al gruppo elettrogeno e ai pannelli fotovoltaici. Per quanto riguarda il gruppo elettrogeno insieme ad Augustin (tecnico dell’ospedale) abbiamo utilizzato il sistema dell’”arrangiarsi”. Per il fotovoltaico devo invece ringraziare Paolo e Luca che grazie alla loro assistenza tecnica dall’Italia mi hanno supportato e sopportato. Fortunatamente tutti i guasti sono stati riparati facendo risparmiare così all’ospedale non poco carburante per generare corrente.

Agosto è stato il mese del ritorno di Katia e Valerio e della partenza di Graziella. Aimè pure Chiara è dovuta rientrare in patria per motivi sportivi, scolastici e per il matrimonio di suo fratello Enrico (a cui purtroppo non ho potuto assistere) lasciando un vuoto nella casa oltre che in me.
Il mese di agosto è stato un succedersi di riunioni per riorganizzare alcuni servizi dell’ospedale tra cui la farmacia. Infatti in quell’ambito si erano registrate spese anomale e una caterba di farmaci andati in scadenza per  mala gestione. Io mi sono reso disponibile molto volentieri alla supervisione di questa, così da poter dare un maggior contributo all’interno dell’ospedale. Il lavoro si è rivelato fin da subito arduo, ma anche lì mi sono appassionato ed eccomi ancora qui alle prese con ordini, farmaci ecc.
Per quanto riguarda la mia attività al CASC non si è mai interrotta e le cose sono proseguite tra alti e bassi fino al 30 agosto con lo spettacolo finale. Quest’ultimo è stato lo specchio e la sintesi di tutto ciò ha riguardato il CASC VACANCES: non un disastro totale, ma comunque un lavoro dozzinale da parte degli animatori. Ammetto che dopo il 30 agosto ho tirato un sospiro di sollievo per aver concluso momentaneamente le mie attività là. Ci aspettavano 2 settimane di stacco. Nel mentre è iniziata anche la stagione delle piogge con tutti i suoi fulmini e temporali.

Eccomi arrivato ora a settembre, con l’attività del CASC che deve ancora strutturarsi del tutto, il mio lavoro alla farmacia e alla “lunetterie”. Da questa ultima settimana ho iniziato anche a seguire le attività ospedaliere concernenti i casi di malnutrizione severa. Da non dimenticare assolutamente è l’arrivo di un nuovo volontario, Marco, che sta dando una mano a Sr Francoise a sistemare i suoi conti “disordinati” oltre che donare una botta di vita a me e Marianna.
Come dicevo, comunque, in questa ultima settimana ho potuto iniziare ad osservare le attività dell’ospedale da più vicino. I miei pareri su quest’ultima sono molto contrastanti e sto cercando con tutte le mie forze di non fermarmi alla prima impressione, ma di andare più a fondo. Purtroppo in questo periodo sono stati molti i decessi di bambini, uno ogni tre giorni circa. Troppo alto. Le cause sono da ricercare soprattutto alla mancata tempestività dei genitori al ricovero dei propri bambini. 
Per quanto riguarda l’aspetto puramente sanitario, mi sto trovando in grande difficoltà. Le mie conoscenze in materia sono troppo poche e il senso di impotenza che sto provando ora mi obbliga a rivalutare determinate decisioni già prese diverso tempo fa.
È sempre così, uno parte cercando delle risposte e si trova a dover affrontare nuove domande. Ma c’est la vie… Uno può decidere di voltarsi dall’altra parte e non guardare, oppure pensare che non ne vale più la pena o farsi trasportare dagli eventi. Non voglio che per me sia anche così voglio essere padrone del mio destino.
Io sono il padrone del mio destino.
Io sono il capitano della mia anima.
(W.E. Henley)

sabato 20 settembre 2014

Africa!

La mia prima volta in Africa, che spettacolo! 
Dopo i primi due giorni a Kinshasa, in cui sono rimasto  veramente stupito dalla confusione della città, e dove ho fatto alcuni lavoretti manuali, passeggiate per le vie della città e chiacchierate con i volontari, son partito verso quella che per due mesi sarà la mia casa: Tshimbulu.

L’arrivo è stato bellissimo, tu esci dall’aereo appena atterrato a Kananga e trovi di fronte a te una folla di gente che ride, piange, balla, urla, si dispera..tutti rigorosamente neri, tutti rigorosamente “diversi” da te, e pensi : dove diavolo sono finito?? 
(poi mi han detto che sono arrivato con la salma del figlio di un ministro, ecco perché tutto quel caos).

Fortuna che ad aspettarmi c’era il caro Valerio, e una volta recuperato documenti e bagagli partiamo alla volta di Tshimbulu (non prima di aver aspettato il buon vecchio Raju), a bordo di un immancabile fuoristrada. Ci vogliono tre ore di rally per arrivare al villaggio, nel bel mezzo della savana, dove ad accoglierci c’erano Katia, Rita, Emmanuele, Stefano e Marianna, che mi hanno da subito fatto sentire a casa!

Sono rimasto davvero colpito dalla struttura ospedaliera, e ancor di più dall’impegno che ci mettono i volontari nel loro lavoro, non è facile trovare delle persone che ci mettono il cuore nelle cose che fanno, a maggior ragione lontano da casa, e gratuitamente.  Sono un esempio!


Purtroppo non conoscendo il francese fatico nell’integrarmi con le altre persone, ma mi permette di osservarle da un punto di vista più distaccato, e l’impressione che ho avuto è quella di un popolo che si accontenta, che non cerca di migliorare se stesso, ma vive alla giornata, anche se chi si impegna non manca.  Mi sembrano fermi nella loro condizione, fermi nelle loro credenze, nelle loro abitudini, privi della voglia di reagire, di cambiare.  Ma è solamente la mia prima impressione, e vedremo se fra due mesi  avrò cambiato idea..

giovedì 18 settembre 2014

ALL’ATTA(AAAAA)CCO!



Notizia del giorno: “Les USA annoncent aujourd'hui envoyer 3.000 soldats en Afrique pour stopper le virus Ebola"…
Punto primo: perché gli USA devo sempre fare i grandiosi?!
Punto secondo: 3.000 soldati in Africa?!? La nostra zona sanitaria conta da sola 178.911 abitanti.
Punto terzo: credono di poter dire “mani in alto o sparo” al virus dell’ebola?!
Al di la di questa notizia per la quale ammetto di non aver cercato la fonte, la credibilità e neanche fatto una ricerca bibliografica accurata… mi sento di dire ai miei amici/parenti/compagni di merende: TRANQUILLI! Qui l’ebola non c’è.
Qui si muore per anemia, fame, polmonite, parto, peritonite, meningite, gastroenterite…ma alla base di tutto metterei l’ignoranza e la saccenza.
Vi voglio raccontare di una bimba, Mputu (Verò per gli amici bianchi), arrivata 45 giorni fa all’ospedale, tutta pelle e ossa con la ovvia diagnosi di malnutrizione acuta (marasma). In tutto questo tempo non ha preso un kg, anzi ne ha persi ancora, e le spiegazioni che ci vengono date dagli infermieri e dai medici sono sempre le stesse “è arrivata in un stato di malnutrizione troppo elevato”, “aspettiamo che migliori”, “si è tolta da sola il sondino”, “ha la diarrea”, “vomita”… Finché sabato, mi sono accorta che l’occhio destro era un po’ offuscato, quasi bianco. Allarmata avverto il medico, sospettando una complicazione da avitaminosi, come mi suggeriscono tutti i libri, libretti, libricini sulla malnutrizione che ho letto. L’oftalmologo la visita e le da della Tetraciclina (cura per la congiuntivite) quando il protocollo nazionale del Congo per la malnutrizione, specifica chiaramente che in questo caso bisogna prescrivere l’azitromicina. 
Mi dimentico sempre che quel protocollo l’abbiamo letto solo io e Stefano…(“Se vuoi nascondere qualcosa ad un Congolese, mettilo in un libro” cit.) 
Portando la pagina precisa del manuale al medico siamo riusciti a convincerlo, con non poche parole, a cambiare la terapia. Troppo tardi, il mattino dopo Verò ha letteralmente la pupilla fuori dall’orbita (tecnicamente esoftalmo), l’occhio non si può più salvare, si deve rimuovere (aspettiamo l’oculista da Kananga, sperando che arrivi prima di un’ennesima complicazione). Nel frattempo anche l’occhio sinistro mostra una xeroftalmia (patina opaca bianca). Nonostante il medico continui a non ammettere che la causa principale sia la mancanza di vitamina A, lunedì siamo riusciti a dare a Verò una dose della stessa (farmaco che per altro riceviamo gratuitamente). Speriamo con tutto il nostro cuore che per colpa nostra non perda completamente la vista e che inizi a recuperare un po’ di peso con l’aiuto del nuovo sondino nasogastrico. Oggi abbiamo somministrato la vitamina A anche a tutti i 24 bambini malnutriti che abbiamo in carico. Spero che l’exploit di lacrime di rabbia e impotenza che non sono riuscita a trattenere nell’ufficio del medico e che l’ha seriamente turbato, possa in qualche modo rendere il suo lavoro più meticoloso. 
Buon ventottesimo compleanno a me.