martedì 27 maggio 2014

UN WEEK END STRA-ORDINARIO

Eccomi qua a scrivere sul mio computer, alla fine di un particolare week end. Le cose sono veramente molte quindi credo che bisogni andare per ordine.

Innanzitutto, questa domenica che sta giungendo al termine, si festeggiava il centenario del nostro distretto, Dibaya. Fino a qui tutto normale. Queste feste comportano anche qui come in Italia la presenza di autorità religiose e politiche. Noi avremo dovuto ospitare nella casa comunitaria in cui viviamo niente popò di meno che il Governatore della nostra regione, il Kasai Occidentale. Diciamocelo, un governatore non è poi tutto questo pezzo di importanza politica. Almeno, questo era quello che pensavamo noi poveri illusi! Quello che da mercoledì è successo in questa casa è del tutto anomalo.

Da mercoledì e successivamente quasi ogni giorno fino a sabato viene a farci visita un incaricato dell’”ufficio protocollo” per stabilire i tempi e i modi in cui dobbiamo ospitare il governatore. Le sue proposte erano diciamo, particolari. Voleva portarsi dietro una troupe di cuochi perché sia mai che noi volessimo avvelenare sua maestà! Sempre lui controlla la nostra umile dimora e chiede se il governatore potrà ricevere qui le altre autorità che saranno presenti. Gli viene risposto di no sia sui cuochi che sui ricevimenti.

Eccoci arrivati a sabato, giorno in cui arriva il nostro Governatore. Tutta Tshimbulu si riempie di gente, di militari, di macchine e moto. Si vedono pure degli striscioni appesi agli alberi con su delle scritte in Tshiluba, questo dialetto locale così difficile da imparare. In mattinata veniamo informati che tutte le autorità sarebbero arrivati nel pomeriggio. Dopo la riunione con i ragazzi del CASC andiamo al campo di calcio di Tshimbulu dove si tiene l’ultima partita del campionato. Arrivati, ci troviamo di fronte uno spettacolo particolare. Tutto il campo di calcio circondato da persone che fungevano sia da tifosi che da righe di delimitazione del campo.
La partita finisce 0 a 0 ma non c’è il tempo di salutare i giocatori che da lontano si sentono suona di serene e musica sparata a tutto volume. Sta arrivando il governatore!! Ecco allora tutti correre verso la strada per vedere questo carosello passare. Noi, non essendo stati troppo svelti a prendere un posto decidiamo di andare alla chiesa di “Notre Dame” dove sempre in onore del governatore ci sarebbe dovuto essere un concerto accompagnato a dei balli tradizionali. Aspettiamo fino all’imbrunire ma non parte nulla e decidiamo allora di rincasare.

Potrei definire carina la scena che ci si presenta all’arrivo a casa. Jeep ovunque e altrettanti militari armati di mitragliatore in difesa della nostra dimora. Ovviamente noi passiamo senza problemi sia per il colore della pelle ma soprattutto perché casa nostra! Entriamo tutti impolverati e via a fare cena! Fortunatamente il governatore non mangerà con noi ma andrà al banchetto organizzato nei locali del CASC. Tutta la serata procede bene, forse l’unica stonatura è il via vai continuo di persone che attraversano la casa mentre ceniamo (a nulla è valso il tentativo di chiudere la porta a chiave perché facessero il giro). Prima di andare a dormire conosciamo la guardia del corpo / assaggiatore del nostro ospite. Ovviamente in quanto guardia del corpo doveva passare la notte non dentro la stanza del governatore, bensì in casa (sia mai che in un atto di delirio lo avessimo voluto rapire!),ma gli viene detto che la guardia la può fare benissimo fuori casa.
Finalmente nel letto. Certo, se i militari fuori dalla mia finestra avessero evitato di ridere e parlare per tutta la notte avrei dormito meglio, ma cosa volete, è il protocollo.

H 02:00 di notte. Mi alzo per andare in bagno. E chi mi trovo sdraiato davanti alla mia porta? La povera guardia del corpo! Per poco non prendo un infarto.

Domenica. Tranquillamente uno si alza mezzo addormentata e và in cucina alquanto scapestrato non sapendo cosa lo attende: solo un paio di ministri regionali e altre figure politiche in salotto. Tutto nella norma quindi!
Il nostro programma è molto semplice: andiamo alla messa di Dibaya, finita la messa scappiamo e torniamo indenni a casa dove parteciperemo poi all’inaugurazione del nuovo padiglione di pediatria. Partiti, carichiamo sulla macchina un po’ di gente per strada e arriviamo a destinazione. Il panorama lungo la strada è veramente stupendo e diverso da quello che sono stato abituato a vedere. Savana, colline, strada disastrata.
Comunque, arrivati ci presentiamo al monsignor Arcivescovo e prendiamo posto nella tribuna d’onore in prima fila! Siamo considerati dei VIP qui. Dopo un po’ di attesa (la messa doveva iniziare per le 10 ma inizia alle 11, siamo quindi in perfetto orario) arriva il governatore con il nostro amico, la guardia del corpo. La messa si svolge nella più totale tranquillità con un servizio di sicurezza niente male, un paio di militari armati che ci scrutavano. Finita la messa torniamo a casa, mangiamo e una volta tornate tutte le autorità a casa nostra, mi intrufolo al loro pranzo per scattare un paio di foto. I più simpatici sono i militari, si lasciano tutti fotografare e fanno mille domande.

Finito il pranzo ecco che ci dirigiamo tutti all’inaugurazione del nuovo padiglione! Taglio del fiocco, doccia di birra sulla soglia e di acqua santa nelle stanze da parte dell’arcivescovo per la benedizione.
Finita l’inaugurazione ecco che arriva una chiamata: “c’è da andare a recuperare una bambina con anemia molto grave in un villaggio vicino”. Si prende la macchina e via come dei fulmini a recuperare questa bimba. Appena arrivati ci accorgiamo subito che è grave e che necessita al più presto di una trasfusione. Torniamo in fretta e furia in ospedale e arrivati via in sala d’emergenza. Dopo vari tentativi di inserire la canula gli infermieri riescono a prendere la vena e si possono iniziare tutte le terapia. Sapremo poi in seguito che la bambina era malata da martedì.


Ecco il nostro week end. Giorni pieni di contraddizioni: dalla povertà dei bambini del centro nutrizionale ai soldi investiti nell’accoglienza di un personaggio politico (10.000 dollari spesi in vettovaglie per i pasti). È anche questo il Congo. 

venerdì 23 maggio 2014

alla scoperta del CASC



Moyo! Ieri siamo stati per la prima volta al Centro di Animazione Socio Culturale (CASC) di Tshimbulu, un luogo di ritrovo fisico per i bambini e i ragazzi del posto, animato dai ragazzi che anno finito la scuola o all’ultimo anno di superiori e che sono stati a loro volta degli “animati”, o meglio i primi animati: il CASC è nato, infatti, 7 anni fa con l’arrivo del COE.
Oltre ad essere un luogo di ritrovo è anche un’entità molto utile a livello della comunità: il gruppo degli animatori non ha solo il ruolo semplice che noi in oratorio quando definiamo un animatore, qui si occupa di essere l’antenna che capta quello che succede nel villaggio e di conseguenza quello che potrebbe essere utile alla sua popolazione. Elaborando questi dati gli animatori, supervisionati dagli occhi (e la mente) vigili di Katia, vanno in giro per le scuole o durante i ritrovi della popolazione a fare degli incontri di sensibilizzazione. Gli argomenti sono variabili e adattabili, vuoi per la ricerca di donatori di sangue, vuoi per l’educazione sanitaria, vuoi per individuare eventuali bimbi che stanno a casa da soli e che venendo al CASC non rischierebbero incidenti domestici… insomma, il servizio che fanno gli animatori è davvero importante, e cercheremo di incentivarlo il più possibile.
Il punto di forza degli animatori è che sono giovani e vengono dal villaggio, quindi sanno come rivolgersi ai giovani e parlano il tshiluba, cosa da non sottovalutare con i bimbi più piccoli che non conoscono ancora il francese o con gli adulti del villaggio che non sono andati a scuola!
Come nello scoutismo, anche lo spirito del CASC è quello di agire sui più piccoli, perché sono loro il futuro del mondo e con loro le cose possono cambiare!

Intanto…per me e Stefano è iniziato il corso di Tshiluba! A piccoli passi stiamo entrando in questa lingua complicata e piena di suoni strani, i bambini del villaggio ci aiutano, non senza farsi un sacco di risate per la nostra pronuncia da “mutoke” (bianco).
Waya bimpe! (state bene)

sabato 17 maggio 2014

Prime impressioni

Eccoci arrivati, eccomi tornato in questo grande continente. Ma cosa mi aspetta? Ah, questo proprio non lo so. Ho deciso di partire come un foglio bianco dall’Italia, senza chissà quali aspettative o chissà quali progetti. Sono partito per vivere appieno questa esperienza e poter scrivere su questo foglio.
Diciamo che gli ultimi giorni prima della partenza avevo un gran miscuglio di emozioni forse legati allo lasciare la famiglia, a lasciare una vita costruita per 24 anni in uno stato occidentale o forse perché come mi ha detto una mia amica, non sono così “senza pensieri” come mi piace pensare. Comunque il tutto mi sono imbarcato, ed eccomi qua.
Da Kinshasa a Tshimbulu sono veramente un’infinità le cose che mi hanno colpito.
Innanzitutto, lo sguardo delle persone. In Kenya avevo già imparato a sopportare lo stare in mezzo all’attenzione per via del colore della nostra pelle. Ma gli sguardi che ho incontrato qui erano diversi. Mi sono trovato d’innanzi a sguardi più chiusi, severi, impenetrabili, di persone che non vogliono condividere con te più del necessario. Sono sicuro che questa è solo una mia impressione perché con le persone che ho avuto occasione di parlare come gli studenti di Kinshasa, i ragazzi del CASC di Tshimbulu, i passeggeri del volo Kinshasa – Tshimbulu  e i bambini incontrati lungo la strada ho visto in loro una voglia di “conoscenza” molto grande. Questo stesso sguardo non l’ho trovato però ancora negli adulti. Forse ciò è a causa della durezza della vita di qui o per un retaggio negativo verso il colonialismo dei così detti “bianchi”.

Cosa mi ha anche molto colpito sono questi enormi cartelli pubblicitari trovati a Kinshasa. Provate ad immaginare solo  per un attimo (purtroppo non ho delle foto): siete su un fuoristrada in mezzo ad una strada sterrata e molto sgangherata. Vi guardate attorno e quello che vedete attorno a voi è solo estrema povertà: piccole bancarelle che vendono qualche biscotto e qualche cianfrusaglia, mamme con i bimbi incollati alla schiena, sporcizia in ogni angolo, capre e maiali in mezzo alla strada, bimbi scalzi e vestiti alla belle meglio e poi… alzate lo sguardo e cosa vedete? Un mega cartello pubblicitario di una crema che serve per sbiancare la pelle degli africani per diventare più bianchi, più simili a noi! Un contrasto molto forte direi.
E i bimbi? Chiunque sia stato in Africa si ricorda cosa sono questi bimbi, le loro espressioni, i loro sorrisi. Qui le emozioni sono talmente tante che non sempre uno ha il tempo di elaborarle per capire cosa sta provando realmente.
Una cosa qui è certa. Bisogna essere pronti a fare e a imparare di tutto. Credo che queste prime 2 settimane passate qui ne siano la prova più concreta. Io prima di partire dall’Italia non conoscevo assolutamente nulla di ottica, ma proprio nulla. E ora eccomi qui, a montare lenti e occhiali, ad aver imparato qualcosa di nuovo.


C’est l’Afrique! A tutti quelli che mi chiedono o mi hanno chiesto il perché sono partito non ho ancora risposta. Sono partito perché sentivo di dover partire, né più né meno. La questione è molto semplice. Non credo nemmeno bisogni essere coraggiosi o incoscienti. Forse basta semplicemente seguire il proprio cuore, seguire ciò che uno sente dentro e vivere appieno questo suo sogno!

Sotto la pioggia



La pioggia la senti arrivare qui a Tshimbulu, si preannuncia con grandi tuoni e con lampi da che qui sono molto famosi perché purtroppo sono ancora tante le persone che muoiono fulminate…
La pioggia porta la frescura, che goduria! Anche se per il momento il caldo che percepiamo non è insopportabile, fa comunque piacere un po’ di aria fresca mossa dalla pioggia e si esce volentieri nel portico per osservare……..la pioggia!…….perchè non vedi nient’altro!
In un battibaleno tutte le persone sono scomparse, tutte le attività si sono fermate, i bambini sono scomparsi, pure le caprette e le galline che scorrazzano ovunque hanno trovato riparo da qualche parte!
Solo il rumore della pioggia. Molto rilassante.

P.S.: da maggio in poi in teoria le piogge non dovrebbero più esserci....ma si sa che per via delle mezze stagioni che non esistono più tutto sta cambiando! ;-)

mercoledì 14 maggio 2014

In giro per Tshimbulu e dintorni...



Qualche giorno fa il tetto di una classe di una scuola pubblica cattolica qui vicino è crollato completamente, per fortuna gli insegnanti avevano previsto la cosa e già da un po’ di tempo avevano spostato le lezioni al pomeriggio in modo da utilizzare un’altra classe, occupata al mattino da altri studenti. Ora il COE si sta impegnando per cercare i fondi, un po’ qua e un po’ la qua nel distretto, per la ricostruzione… se si può dare una mano lo si fa volentieri, ci spiega Katia!
Con Valerio siamo andati a vedere il progetto sull’agricoltura del COE a pochi km da Tshimbulu, l’idea era quella di produrre olio di palma, ci spiega la suora che abbiamo recuperato per strada (non abbiamo ben capito perché non si trovasse nel campo in orario di lavoro, ma questa è un’altra storia). Per ora le palme piantate sono piccole e non produttive, bisogna aspettare ancora qualche anno… e soprattutto un finanziamento, che sembra difficile da ottenere per la questione della produzione di biocarburante. Per quanto riguarda il mais e altre coltivazioni purtroppo il costo era superiore al guadagno e quindi per il momento ci si è fermati. Una buona produzione è quella di un particolare rovo che ha un duplice compito: allontanare le capre e fertilizzare il terreno!
Abbiamo fatto un primo giretto nell’Hospital Saint Francois, ospedale progettato e gestito dal COE in attesa che il personale locale sia ben formato e che quindi si possa affidare a loro…ma questo accadrà tra qualche anno, bisogna ancora lavorarci un po’! L’ospedale è grande, ha una sala operatoria, una sala tipo rianimazione, reparti di medicina interna, pediatria e maternità, ambulatori per medicazioni e piccola chirurgia, ecografie, radiografie e oftalmica, con tanto di ottico in via di apertura (mancano soltanto delle lezioni di matematica, che è risultata una materia un po’ ostica agli infermieri congolesi…), il personale è completamente locale.
Sull’ospedale, o meglio, sulla motivazione dei dipendenti dell’ospedale è nata l’altra sera una lunga riflessione in casa durante la cena, con paragoni tra Congo e Camerun. Infatti ospiti della “casa della comunità”, oltre a me e Stefano, ci sono anche Sonia, una volontaria che lavora in Camerun e che è qui per avviare il laboratorio di ottica e il suo compagno Charles, camerunese, che ci hanno aiutato a fare un confronto tra le due popolazioni...la differenza emergente è appunto la motivazione che pare essere assente nella maggior parte della popolazione di Tshimbulu e dintorni. E’ vero che bisogna tenere conto che questa è una zona molto povera del Congo, dove l’acquedotto e  l’elettricità non sono ancora presenti (o meglio lo erano ai tempi delle colonie belghe ma ora sono andati distrutti e nessuno ha ancora pensato alla loro ricostruzione) ma la completa mancanza di conoscenza, di voglia di lavorare o di imparare che sembra divagare qui è abbastanza disarmante…. soprattutto quando lo noti in una suora che ha studiato 6 anni in Italia prendendo due lauree di cui una alla Cattolica (!?!@*!!*)……………………

lunedì 12 maggio 2014

Una veloce scappatina al mercato



Venerdì abbiamo fatto la nostra prima esplorazione al mercato, ovviamente accompagnati da Katia e da un ragazzo del CASC che abbiamo recuperato strada facendo perché era fuori da scuola, essendo stato cacciato per non aver pagato la quota mensile (trovate qualcosa sul sistema scolastico scritto poco tempo fa dalle volontarie che ci hanno preceduto). In un ora abbiamo comprato: petrolio per il fornelletto (in casa c’è elettricità per le piastre solo dalle 8 alle 18), verdura verde in foglie non meglio precisata, pomodori nani, un sacchetto di pescetti essicati puzzolenti, due papaye, due cocchi che suonavano bene, un ananas profumato, melanzane nane pure quelle e per non farci mancare nulla anche due conigli vivi che abbiamo tenuto per le orecchie e scelto in base alla precisissima scienza della misurazione della ciccia all’altezza delle anche mostrando espressioni da veri esperti in materia, l’ultimo acquisto è stata la gabbietta per metterci dentro i due conigli (morbidissimi) che ora si trovano ahimè in congelatore…
In tutto ciò tenete conto che sia io sia Stefano seguivamo Katia attoniti, circondati da un saaacco di gente che ci osservava-chiamava-parlava-indicava-pubblicizzava i prodotti esposti-cercava di mettere in mano le cose e gli animali più disparati….
Considerando la prima visita al mercato, abbiamo programmato ancora due visite accompagnati e poi proveremo a cavarcela da soli!

Prime impressioni…





L’Africa è sempre Africa: Kenya, Etiopia, Sud Africa, Madagascar…Congo… grandi sorrisi, bimbi che salutano e ti parlano nella lingua locale un po’ divertiti e un po’ scocciati che tu non sappia rispondere, ragazzi che appena prendono confidenza non smettono di farti domande per confrontare questo e quel mondo, adulti composti ma attenti osservatori di ogni tuo gesto (e che ti chiedono in moglie appena ti distrai un attimo perché la pelle chiara è sinonimo di bellezza ), anziani che ti salutano con riverenza…per un attimo ti distrai da tutta la povertà che ti circonda, per un attimo…