venerdì 21 novembre 2014

LA PIOGGIA E LA SABBIA



Ho letto di recente una citazione “Nella vita non contano i passi che fai, né le scarpe che usi, ma le impronte che lasci” e ho avuto un’illuminazione sul perché di tutta questa sabbia a Tshimbulu e dei relativi 8 mesi di pioggia.
Che fatica non abbattersi per le tante sconfitte che sto vivendo, solo oggi sono morti due bambini. Uno era con noi da più di un mese e non si è capita la vera causa di morte se non che la madre non accudiva il proprio figlio e l’altro è arrivato troppo tardi in ospedale e non hanno neanche avuto il tempo di incanulargli una vena.
Ma queste sono grosse sconfitte, ci sono anche quelle più piccole, di tutti i giorni, come il fatto che ogni mattina qualcuno rubi il pezzo di sapone che i bambini dovrebbero usare per lavarsi le mani prima di mangiare, o come l’ennesima persona che mi riferisce di non aver ricevuto da mangiare in ospedale. Stavolta la colpa pare sia mia, perché 3 giorni fa non ho ricordato all’infermiere, responsabile della gestione sanitaria con 40 anni di esperienza a quanto pare anche premi e onorificenze, di scrivere sul foglio di trasferimento (dal centro nutrizionale all’ospedale) anche i nomi della madre e della sorella (entrambe malnutrite) oltre a quello del bambino di 12 mesi, malnutrito e febbricitante, in questione. Il fatto che fino a 8 giorni fa lo stesso trio fosse ricoverato sotto regime nutrizionale nello stesso reparto di pediatria non ha fatto accendere la lampadina a nessuno. In effetti in questi giorni è piovuto molto, le impronte devono essersi cancellate. E l’elettricità è rara qui.
Il confronto con gli altri volontari è fondamentale anche se a volte le indicazioni ricevute sembrano così poco confortanti… accettare il fatto che nella nostra esperienza qui non vedremo praticamente mai dei risultati positivi, non perché non ci saranno ma perché non saranno tangibili, non è facile. E quando ti imbatti in ripetuti episodi negativi è proprio l’ultima cosa che ti viene in mente.
Pensare che forse qualche nostra parola in tshiluba/francese/piemontese o italiano che sia o semplicemente il nostro esempio possa evitare che un bambino muoia per la malnutrizione o che un altro abbia il permesso dei genitori di andare a scuola e diventi così un difensore dei diritti di nonsochè o che una ragazza non sforni il primo figlio a 15 anni e non sia così obbligata a sposarsi e diventare la terza moglie di un vecchio bavoso non è una grande consolazione, ma è l’unica cosa alla quale possiamo appigliarci qui a Tshimbulu, villaggio sabbioso e piovoso dell’Africa nera.
Oltre alla finta crema di cioccolato che oggi Valerio è riuscito a trovare per noi a Kananga.

lunedì 10 novembre 2014

LA CRISI DI MEZZO SVE



Come in ogni percorso (della mia vita perlomeno) che si rispetti ecco che ad un certo punto arriva la crisi.
Mancano 148 giorni al mio rientro in Italia, sono passati circa 200. Già il fatto che abbia il count-down (maledetta app) è sintomo di crisi.
Fin da piccoli noi occidentali veniamo cresciuti con il principio della progettazione e dell’effetto causa-conseguenza, non mangiare troppe caramelle perché ti viene mal di pancia, peggio ancora se le accetti dagli sconosciuti; vai a scuola perché impari tante cose e da grande potrai fare il lavoro che vorrai; metti da parte la paghetta così diventi ricco; comportati bene sennò te le prendi e via dicendo…
La tua mente è ancora più complicata se hai avuto una formazione scout: sentieri da percorrere; impegni e mete da conquistare; coeducazione; educazione non formale; correzione fraterna; scoprire, acquisire competenze e diventare responsabili ma soprattutto applicare sempre il trapasso di nozioni…
E poi arrivi in Congo, a Tshimbulu, e devi resettarti perché con il tuo modo di pensare e approcciarti alla vita e alla gente hai passato dei mesi molto difficili, pieni di delusioni e con rarissime soddisfazioni. La soluzione suggerita dovrebbe essere quella di non pensare al futuro, al “quando non ci sarò più io” ma di agire sul “qui e ora”. E come si fa?! Non sono stata programmata per questo!!!
Forse le brevi e positive esperienze che ho fatto e la grande volontà nell’aiutare il prossimo mi avevano fatto idealizzare la cooperazione o forse è solo il Kasai, una provincia della RDC che è particolarmente difficile, fatto sta che qui le cose non sono così rosee.
E quell’entusiasmo di partenza, che non mi ha fatto dubitare un momento nel lasciare il mio nido per 12 mesi, si è un po’ affievolito fino a disintegrarsi completamente la scorsa settimana quando l’unico mio collaboratore del centro è stato sorpreso a rubare il cibo dei bambini malnutriti.
Qualche giorno di crisi, di dubbi e di ipotetici cambi di volo ma alla fine la scelta è quella di provare a riprogrammarmi. A breve la strategia. Per oggi la giornata non è andata poi così male.  Devo solo ricaricare la positività!

domenica 2 novembre 2014

Happy Diwali da Tshimbulu!

E chi lo avrebbe mai detto che in Africa avrei partecipato ad una festa indiana?? Che belle sorprese ci riserva la via! 
Lo scorso giovedì 23, grazie al buon vecchio Raju, siamo stati tutti invitati alla festa del “Diwali” nel villaggio di Katende, dove un paio di compagnie indiane stanno cercando di costruire una diga enorme, che una volta terminata fornirà energia elettrica per mezza Africa (speriamo!).
Il Diwali, come suggerisce Wikipedia, è una delle più importanti feste indiane e si festeggia nel mese di ottobre o novembre. Simboleggia la vittoria del bene sul male ed è chiamata "festa delle luci", durante la festa si usa infatti accendere delle luci (candele o lampade tradizionali chiamate diya). I festeggiamenti per Diwali si protraggono per cinque giorni nel mese indù di ashwayuja che solitamente cade tra ottobre e novembre, per induisti, giainisti è la celebrazione della vita e l'occasione per rinsaldare i legami con familiari e amici. Per i giainisti rappresenta inoltre l'inizio dell'anno.
Dopo il viaggio di andata passato fra chiacchiere, canzoncine e un paio di botte in testa a causa delle buche lungo il percorso, siamo arrivati al cantiere, dove fin da subito siamo stati accolti con una grandissima ospitalità. Devo dire che sono veramente molto cordiali, abbiamo assaggiato tutti i loro piatti tipici, rigorosamente piccanti, siamo stati serviti e riveriti per tutto il giorno, e forse il mezzo capoccia c’è rimasto male quando dopo vari tentativi di offrire la grappa a me e Stefano, ha visto la nostra esultanza da stadio quando sono arrivate le lattine di aranciata.
Come in tutte le feste ci siamo poi lanciati in pista, a ballare canzoni al ritmo indiano e improvvisandoci ballerini, mi son divertito molto nel vedere la loro felicità nel condividere con noi questo Diwali.




Al termine della giornata, un po’ per l’abbuffata, un pò per il caldo, siamo tornati a casa, ed a mezz’ora da casa ci siamo trovati una bella palma caduta che bloccava la strada. Abbiamo quindi aspettato che a colpi di manera tagliassero la base, per poter poi ripartire.

È stata una giornata davvero molto piacevole, quindi anche se in ritardo, Happy Diwali a tutti!