giovedì 3 luglio 2014

DUE MESI IN R.D.CONGO



Il tempo vola e sono già passati due mesi dal nostro arrivo a Tshimbulu, posso dire da un lato di essermi già abituata a questa nuova vita africana…ma dall’altro che non riuscirò mai ad abituarmi (lo spero) ad alcuni comportamenti e pensieri africani!
In questi primi 60 giorni di osservazione continuo a scoprirmi sorpresa per delle cose che per noi “occidentali” sono scontante e automatiche ma che qui diventano delle cose impensabili o richiedono uno sforzo enorme (mentale o fisico).
Come il gettare in terra la spazzatura, e il fatto che li faccia ridere il nostro essere scandalizzati e metterci in tasca la roba da buttare poi arrivati a casa. In effetti per la strada non esistono cassonetti, e neanche nelle loro case trovi il cestino della pattumiera. Se pulisci la casa e il “cortile” davanti a casa, semplicemente ti preoccupi di spazzare in terra e gettare tutto in strada.
In ogni caso, anche se butti la roba nel cestino, la situazione non migliora di molto, hai due possibilità: o è materiale organico che puoi mettere nella “fossa biologica” (buco) in giardino o è tutto il resto (carta, plastica, vetro, alluminio) che bruci.
E noi in occidente diventiamo matti a fare la differenziata.
Ovviamente per l’ospedale vale la stessa regola. Altro che rifiuti sanitari pericolosi.
Un bel progettino sulla raccolta differenziata e sulle 4 R qui in Congo non ci starebbe proprio male!
Altro comportamento che mi rende perplessa è la facilità con cui i congolesi ti chiedono le cose, esci di casa ed è un continuo “peche” (fon.pesce=dammi): soldi, biscotti, caramelle, l’orologio (che non sanno leggere), zucchero, vestiti, biro, quaderni, fogli, scarpe. Senza troppi giri di parole, diretti, bambini o adulti, qualsiasi cosa tu stia facendo, anche a distanza di metri, persone sconosciute o gente che vedi tutti i giorni a lavoro, ogni occasione è buona per chiedere. E’ molto stancante e deludente… soprattutto quando pensi di aver instaurato un buon rapporto con un collega, si lavora bene insieme, ci si vede tutti i giorni, si ride e si scherza…e poi tac! Dammi questo, dammi quello, fammi arrivare quella cosa dall’Italia, comprami, offrimi da bere…
Una cosa è certa: i bambini sono uguali in tutto il mondo, fanno i capricci allo stesso modo, sanno regalare sorrisi e dolcezza allo stesso modo, ti fanno la pipì addosso allo stesso modo, hanno una voglia matta di giocare e di essere coccolati. L’unica differenza è che qui i bimbi viziati non esistono. Possono piangere, essere seduti in un lago di pipì o cacca, avere la febbre, essere affamati, essere nudi o con vestiti stracciati, ma se la mamma in quel momento sta cucinando, è andata a prendere l’acqua, sta dormendo… il bimbo aspetta. E di solito lo fa buonino buonino in silenzio.
La nascita di un bambino si trasforma in un occasione di festa: quando la neomamma e il piccolo vengono dimessi dall’ospedale si fa un corteo con canti gioiosi e si fa festa fino a sera. La morte di un bambino è sicuramente una cosa triste per la famiglia, ma il ragionamento che fanno è “in fondo se Dio ha voluto così ci sarà stato un motivo, probabilmente da adulto non sarebbe stato forte…è la selezione naturale”. Non sarà mai colpa dei genitori che non l’hanno portato a visitare in ospedale quando ha incominciato a stare male, ma sarà sempre una decisione divina.
Concentrarmi sull’osservazione mi rende sicuramente critica e mi rendo conto di scrivere soprattutto le critiche negative, questo mi spiace perché amo trovare il lato positivo delle cose, ma questa Africa è diversa dall’Africa che ho conosciuto fin’ora. L’ultimo posto nella graduatoria dell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite (UNDP 2013) è percepibile ad occhio nudo e non è facile da accettare e capire per noi mutoke (bianchi).

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